Fra i doveri prescritti a' Re, quelli de' giorni di sventura sono i più grandiosi e solenni, ed io intendo di compierli con rassegnazione scevra di debolezza, con animo sereno e fiducioso, quale si addice al discendente di tanti Monarchi. A tale uopo rivolgo ancora una volta la mia voce al popolo di questa metropoli, da cui debbo ora allontanarmi con dolore. Una guerra ingiusta e contro la ragione delle genti ha invaso i miei Stati, non ostante che io fossi in pace con tutte le Potenze Europee. I mutati Ordini governativi, la mia adesione a' grandi principii nazionali ed italiani, non valsero ad allontarla; che anzi la necessità di difendere la integrità dello Stato trascinò seco avvenimenti che ho sempre deplorati. Onde io protesto solennemente contro queste inqualificabili ostilità, sulle quali pronunzierà il suo severo giudizio l'età presente e la futura. Il Corpo diplomatico residente presso la mia Persona seppe fin dal principio di questa inaudita invasione da quali sentimenti era compreso l'animo mio per tutti i miei popoli, e per questa illustre città, cioè garentirla dalle rovine e dalla guerra, salvare i suoi abitanti e le loro proprietà, i sacri templi, i monumenti, gli stabilimenti pubblici, le collezioni di arte, e tutto quello che forma il patrimonio della sua civiltà e della sua grandezza, e che appartenendo alle generazioni future è superiore alle passioni di un tempo. Questa parola, è giunta ormai l'ora di compierla. La guerra si avvicina alle mura della città, e con dolore ineffabile io mi allontano con una parte dello Esercito, trasportandomi là dove la difesa de' miei dritti mi chiama. L'altra parte di esso resta per contribuire, in concorso con l'onorevole Guardia Nazionale, alla inviolabilità ed incolumità della capitale, che come un palladio sacro raccomando allo zelo del Ministero. E chieggo all'onore ed al civismo del Sindaco di Napoli e del Comandante della stessa Guardia cittadina risparmiare a questa Patria carissima gli orrori de' disordini interni ed i disastri della guerra vicina; a quale uopo concedo a questi ultimi tutte le necessarie e più estese facoltà. Discendente da una Dinastia che per 126 anni regnò in queste contrade continentali, dopo averle salvate dagli orrori di un lungo Governo viceregnale, i miei affetti sono qua. Io sono Napoletano, né potrei senza grave rammarico dirigere parole di addio a' miei amatissimi popoli, a' miei compatriotti. Qualunque sarà il mio destino, prospero od avverso, serberò sempre per essi forti ed amorevoli rimembranze. Raccomando loro la concordia, la pace, la santità de' doveri cittadini. Che uno smodato zelo per la mia Corona non diventi face [fiamma, n.d.R.] di turbolenze. Sia che per le sorti della presente guerra io ritorni in breve fra voi, o in ogni altro tempo in cui piacerà alla giustizia di Dio restituirmi al Trono de' miei Maggiori, fatto più splendido dalle libere istituzioni di cui l'ho irrevocabilmente circondato, quello che imploro da ora è di rivedere i miei popoli concordi, forti e felici.
Gli atti principali indicizzati nei post sono desunti dallo spoglio sistematico della Collezione delle leggi e decreti reali del Regno delle Due Sicilie. I regesti sono pubblicati per cura di e sul blog Decretiamo, mentre i sigilli e gli stemmi sono censiti su Stemmi e Sigilli.
domenica 24 marzo 2013
L'ultimo proclama (1860)
Si riporta di seguito il Proclama di Sua Maestà il Re Francesco Secondo dato a Napoli il 6 settembre 1860, come pubblicato sotto il numero 149 dalla Collezione delle leggi e de' decreti reali del Regno delle Due Sicilie (con l'avvertenza ivi riportata che, non essendo all'epoca presente l'originale nella Segreteria di Stato, esso fu ripreso dal "Giornale costituzionale del Regno"), ultimo proclama ufficiale duosiciliano, cui farà seguito soltanto, nella stessa data, l'Atto di protesta del medesimo sovrano.
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lunedì 15 marzo 2010
Ai regii Stati
Segue la trascrizione integrale il Proclama di Sua Maestà il Re Francesco II a' suoi regii Stati, datato 15 luglio 1860 (stessa data dell'analogo proclama all'Esercito e all'Armata) e pubblicato sotto il numero 50 della Collezione delle leggi e decreti reali del Regno delle Due Sicilie:
"Dopo la pubblicazione del nostro atto sovrano del 25 giugno ultimo, col quale concedemmo a' nostri popoli uno Statuto sopra basi nazionali ed italiane, insieme ad un'amnistia generale per tutti i reati politici, ed annunziammo l'idea di entrare in accordo col Re Vittorio Emanuele per l'interesse delle due Corone in Italia; e dopo il nostro atto successivo del dì primo di questo mese, col quale richiamammo in vigore per questa parte de' nostri Stati lo Statuto promulgato nel dì 10 febbrajo 1848, nobile e grande è stato il senno civile di tutte queste nostre provincie continentali, e di questa nostra grande metropoli.
Hanno esse mostrato a tutta la colta Europa che questi nostri dominii non erano da meno di tutti gli altri Stati italiani, i quali sono dianzi pervenuti a rigenerazione politica e ad unità di principii. Che se questi Stati dopo tanti secoli, nel corso de' quali il risorgimento d'Italia si ebbe per delirio di mente inferma, vincendo ostacoli di ogni maniera seppero elevarsi a tanta gloria, ciò non avvenne altrimenti, se non per la piena sommissione che ebbero all'indirizzo dato da valenti uomini a' grandi interessi nazionali ed alla gloria della Penisola.
Nè inferiori agli altri Italiani si sono dati a dividere i popoli di questi reali Stati; poichè lungi dall'abbandonarsi in questi gravi momenti agli errori che spesso riescono fatali alla libertà e macchiano la storia delle Nazioni, attendono in vece nella calma più ammirevole da Noi e dal Governo dello Stato l'attuazione della grande opera loro promessa.
La nostra aspettativa dunque non fu delusa, e Noi nel rendere grazie a' nostri popoli di un sì nobile e generoso contegno, li vediamo perciò altamente rincorati menare a compimento con la maggior perseveranza il gran disegno, donde emanar debbono la piena felicità, la grandezza e la gloria di questi popoli colti e gentili che la PROVVIDENZA affidò alle nostre cure.
Ed assai più accresce la gioja del nostro reale animo il pensiere che, chiamati dagl'imperscrutabili decreti della PROVVIDENZA a reggere le Due Sicilie in età tanto giovanile, ci troviamo assai di buon'ora iniziati in quel sistema rappresentativo, il quale forma ormai il dritto pubblico di tanti Stati inciviliti.
Così che inoltrandoci nella difficile arte del governare, questa ci verrà come spianata e fatta più facile da' lumi di una stampa saggia e veramente nazionale, e dal concorso di tutti gli uomini di alto senno politico e civile che sederanno nelle Camere legislative.
Abituati così Noi ben presto alla pratica del sistema novellamente inaugurato, abbiamo piena fede che col Divino Ajuto queste belle Provincie continentali, che formano una parte de' nostri Stati, portando a compimento gli alti destini della grande Nazione Italiana, sapranno raggiungere e conseguire in breve tempo quella potenza, grandezza e prosperità che formano il maggior voto del nostro real Animo".
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